Il dibattito europeo sulle case green entro il 2030: cosa sta succedendo?

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Durante il marzo 2023 il Parlamento dell’Unione Europea ha approvato mandato negoziale riguardante una molto discussa direttiva nota come “decreto case green”. Questa direttiva impone tutta una nuova serie di requisiti che andranno rispettati dal patrimonio immobiliare durante il corso dei prossimi anni. Il fine ultimo è quello di migliorare l’impatto ambientale del settore edilizio. Diversi paesi dell’Unione, Italia compresa, hanno accolto la direttiva con varie polemiche, complici le tempistiche e le condizioni dei patrimoni immobiliari nazionali.

Con questo articolo andiamo a scoprire da vicino cosa sta facendo l’Europa per salvaguardare l’ambiente, tra classi energetiche, priorità su come effettuare gli interventi di ammodernamento e deroghe.

Data pubblicazione: 05-06-2023
Autore: Riccardo Vinci
Il dibattito europeo sulle case green entro il 2030: cosa sta succedendo?

Cosa dice la discussa proposta di legge

Con 343 voti favorevoli, 126 contrari e 78 astensioni il Parlamento europeo ha dato il via libera alla direttiva riguardante le case green: un provvedimento indirizzato al miglioramento delle performance energetiche degli edifici, come già varato all’interno del pacchetto di riforme Fit for 55.

L’obiettivo della direttiva è chiaro: cercare di ridurre le emissioni degli edifici italiani del 55% rispetto ai valori registrati durante il corso del 1990, così da essere sulla buona strada per raggiungere l’ambito traguardo delle emissioni zero entro il 2050.

Obiettivi senza dubbio ambiziosi che non possono essere realizzati dall’oggi al domani: per questo motivo l’Unione Europea ha definito dei traguardi intermedi legati a classi energetiche, tipologie di sistemi di riscaldamento permessi e abolizione dei sussidi.

Il testo della direttiva infatti prevede che gli edifici residenziali esistenti ottengano la classe energetica E entro il 2030 e passino alla successiva classe D entro il 2033; gli edifici di nuova costruzione a partire dal 2028 dovranno rispettare direttamente le emissioni zero. Diversi sono i requisiti per gli edifici non residenziali che, invece, dovranno raggiungere la classe E entro il 2027 e la classe D entro il 2030.

L’aggiornamento della classe energetica dell’edificio avverrebbe quando l’edificio viene venduto, sottoposto a importante ristrutturazione o quando viene firmato un nuovo contratto di affitto. Questo significa che chi non si adegua alla direttiva non potrà vendere, ristrutturare o affittare un immobile.

Sono poche le categorie di edifici che possono svincolarsi da questo genere di requisiti: parliamo di edifici protetti a causa del loro valore storico, edifici tecnici, monumenti, chiese e luoghi di culto; i singoli stati potranno estendere le esenzioni anche agli edifici dell’edilizia sociale pubblica dove le ristrutturazioni comporterebbero aumenti degli affitti non compensabili attraverso i risparmi delle bollette energetiche.

Si tratta di un obiettivo senza dubbio ambizioso, ma incredibilmente importante da raggiungere: secondo i dati raccolti dalla Commissione Europea gli edifici nel territorio dell’unione sono complessivamente responsabili del 40% del consumo energetico e del 36% delle emissioni di gas con effetto serra.

Qual è la situazione in Italia?

Il patrimonio edilizio italiano, complice la natura storica di gran parte degli abitati, rende complesso il rispetto dei requisiti e delle direttive. Gli edifici residenziali presenti sul territorio per il 34.3% appartengono alla classe G e per il 25.4% alla classe F. A conti fatti, quindi, oltre il 50% delle case degli italiani necessitano di operazioni di efficientamento energetico per poter rispettare i requisiti indicati nella direttiva.

I numeri, subiranno una rimodulazione a seguito del ricalcolo della classe G; per direttiva dell’Unione questa sarà associata al 15% degli edifici con le peggiori prestazioni energetiche in tutto lo stato.

Le valutazioni delle associazioni di settore non sono comunque delle più ottimistiche: secondo Confedilizia “in moltissimi casi gli interventi non saranno materialmente realizzabili per via delle caratteristiche specifiche degli immobili interessati” e secondo l’ANCE usando come indicazioni il numero di ristrutturazioni annuali avvenute con il superbonus sarebbe impossibile rispettare i termini legati alla decarbonizzazione del patrimonio edilizio.

C’è però chi la pensa diversamente, in quanto, effettuare un miglioramento sostenibile delle classi energetiche non è infattibile sfruttando gli interventi parziali, piuttosto che le ristrutturazioni profonde. L’importante è puntare a ridurre i costi di riscaldamento in maniera oculata, puntando al risparmio energetico e all’efficientamento termico dell’abitazione.

Quali sono gli strumenti utilizzabili per la classificazione energetica?

Per capire di preciso quali sono gli strumenti utili per non lasciarsi trovare impreparati dall’entrata in validità della direttiva è importante sapere di preciso come funziona il procedimento europeo per la classificazione energetica.

La classificazione energetica degli immobili è un processo di valutazione in cui si analizzano le performance energetiche complessive di un edificio.

Questa analisi viene effettuata utilizzando come riferimento un indicatore chiamato EPGL. Questo parametro stima il consumo energetico di un’unità immobiliare usando il rapporto tra l’energia necessaria alla climatizzazione di un appartamento alla temperatura di 18° e la sua superficie netta calpestabile.

A ogni classe, quindi, è associato un preciso intervallo di kWH al metro quadro necessari per riscaldare la casa d’inverno, raffreddarla d’estate, produrre acqua calda sanitaria, ventilare e illuminare le stanze.

In questo contesto per poter passare dalla classe G (EPgl > di 3.50) alla classe E (EPgl 2.60) è possibile impiegare interventi mirati di carattere parziale come:

  • implementazione del cappotto termico;
  • sostituzione degli infissi;
  • installazione di pannelli solari;
  • installazione di caldaie a combustibile non fossile (come biomasse o idrogeno).

Tutti gli interventi sopracitati, in sostanza, permettono di contenere i costi di riscaldamento andando a migliorare la classe energetica dell’edificio. Il bello è che la maggioranza di questi interventi potranno essere fatti, almeno nell’immediato, sfruttando degli incentivi fiscali già presenti come Superbonus 110%, Bonus Casa o Ecobonus.

L’unica novità apportata dall’approvazione della direttiva in campo di incentivi fiscali riguarda le caldaie a gas: a partire dal Gennaio 2024 non sarà più possibile utilizzare alcun tipo di bonus per questi generatori di calore. Per questo sarà conveniente preferire sistemi a biomassa a 5 stelle.

All’interno di un contesto che pone un'attenzione sempre maggiore alla questione ambientale, passare a un generatore di calore in grado di abbattere consumi e costi dell’energia è diventato sempre più importante.

L’utilizzo delle biomasse, fonte di energia rinnovabile e rispettosa dell’ambiente, può rappresentare un percorso ottimale per migliorare l’efficienza energetica della propria abitazione: non esitare a contattarci per permetterci di aiutarti in questo processo!

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