Normativa sulle comunità energetiche in Italia: il Decreto Milleproroghe
Cosa stabilisce la normativa di legge? L’articolo 42bis del Decreto Milleproroghe introduce la possibilità di creare comunità energetiche, a patto che vengano rispettate precise condizioni. In particolare:
- Obiettivo. Non possono esserci fini di lucro, ma unicamente la volontà di ricavare vantaggi di tipo ambientale, economico o sociale per le persone coinvolte e per l’area locale in cui si trovano. Di conseguenza, l’autoconsumo collettivo di energia non può rappresentare il sostentamento primario di chi cede l’energia.
- Accesso. Chiunque deve avere la possibilità di partecipare, a condizione che i punti di immissione e prelievo si trovino su reti elettriche che fanno parte della stessa cabina di trasformazione media/bassa tensione.
- Impianti. Di base, devono avere tre caratteristiche: una potenza complessiva inferiore a 200kW, essere attivi solo dopo l’entrata in vigore del Decreto Milleproroghe, di conseguenza connessi alla rete dopo la data del 1° marzo 2020. La condivisione deve attuarsi sulla rete distributiva esistente ed è consentito l’immagazzinamento dell’energia in sistemi di accumulo.
- Contratto. I rapporti tra le persone presenti all’interno della comunità energetica si attuano attraverso un contratto di diritto privato, che deve essere rispettato nel momento in cui si volesse lasciare l’associazione.
Energy Community in Europa: la direttiva RED II
Il Decreto Milleproroghe è stato formulato nel rispetto della Direttiva Europea numero 2001 dell’11/12/2018, nota come RED II, che comprende anche le norme relative all’approvvigionamento da Fonti Energetiche Rinnovabili, oltre a una serie di disposizioni in tema di sostenibilità energetica.
Tra queste, sono presenti anche le norme che stabiliscono come finanziare la produzione e l’autoconsumo di energia da fonti rinnovabili, ritenuto un punto fermo nell’obiettivo di raggiungere una maggiore sostenibilità improntata su economia circolare, innovazione tecnologica e, di conseguenza, più vantaggi ambientali, sociali, sanitari ed economici per tutti.
La Direttiva Europea RED II offre anche diversi diritti agli autoconsumatori, rendendo le comunità energetiche rinnovabili un’occasione per sottrarsi al caro bollette conseguente al rialzo stellare del gas e ottenere un buon risparmio economico.
Un’opportunità destinata a diffondersi sempre di più: la guida ENEA alle comunità energetiche ritiene che entro il 2050 ben 264 milioni di cittadini europei faranno parte di questo sistema, contribuendo a creare fino al 45% dell’elettricità rinnovabile complessiva.
Comunità energetiche in Europa e nel mondo
In Europa, soluzioni di questo tipo sono già state sperimentate con successo in diverse nazioni europee, specie in quelle più a nord come Germania, Olanda e Danimarca, ma anche in Paesi come Francia, Spagna e Grecia. Generalmente, in questi Stati le comunità energetiche hanno potuto beneficiare di un quadro normativo chiaro e della sensibilizzazione dei cittadini.
Tra i più virtuosi esempi di questi modelli innovativi di produzione e consumo di energia, ne citiamo tre particolarmente riusciti:
- Bioenergy Village, Jühnde in Germania. Attivo dal 2004, nel gruppo tedesco sono presenti un impianto a biogas da 700 kW e una caldaia a cippato da 550 kW, sufficienti per creare il 70% del calore e il doppio dell’energia elettrica che occorrono per il proprio fabbisogno.
- Grupo Creluz, Rio Grande do Sul in Brasile. A partire dal 1999, la comunità brasiliana ha man mano aumentato il numero di impianti idroelettrici controllati, arrivando a 6. In questo modo, oggi riesce a soddisfare il fabbisogno dei 20.000 soci che vivono in quell’area.
- BMG - The Brooklyn Microgrid, New York negli Stati Uniti. Presente dal 2016, consente ai cittadini di Brooklyn di acquistare e vendere energia rinnovabile creata in loco attraverso un’applicazione mobile.
Come funzionano le comunità energetiche?
Scopriamo in dettaglio quali sono i passi da seguire per creare un’associazione di questo tipo e in che modo svolge la sua funzione, rendendo autosufficienti i soci per quanto riguarda il fabbisogno energetico.
Chi può costituire una comunità energetica?
L’iniziativa può essere presa da persone fisiche, piccole o medie imprese, enti territoriali o amministrazioni pubbliche locali. Insomma, la costituzione della comunità energetica è alla portata di qualunque soggetto sia pubblico che privato, anche di semplici cittadini.
Come costruire una comunità energetica?
Innanzitutto è necessario costituire un ente legale per produrre energia attraverso fonti rinnovabili. Visto che la normativa impedisce che l’obiettivo di un gruppo di questo tipo possa essere il profitto, in genere le forme più scelte e utilizzate sono quelle dell’associazione non riconosciuta o della cooperativa.
Una volta creata l’entità legale, deve essere identificata l’area dove installare l’impianto di produzione, necessariamente vicino ai consumatori, che non dev’essere necessariamente di proprietà della comunità, ma può anche essere messo a disposizione da un soggetto terzo.
È possibile condividere l’energia tra persone residenti nello stesso condominio, così come nello stesso quartiere o ancora all’interno di comunità agricole, di borgo ecc. L’importante è che ogni singolo partecipante utilizzi uno smart meter, un dispositivo intelligente capace di conteggiare in tempo reale tutte le info che riguardano produzione, autoconsumo, cessione e prelievo dalla rete dell’energia.
Come funziona la comunità energetica?
Arrivata a questo punto, la comunità può richiedere al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) la concessione degli incentivi per l’energia condivisa, già previsti dalla normativa, che vengono riconosciuti esclusivamente per l’energia consumata dai membri nella stessa fascia oraria di produzione e non per l’intera produzione.
Le modalità attraverso cui suddividere i ricavi derivanti dall’energia prodotta dipendono dalle specifiche regole di funzionamento della comunità energetica, che ogni comunità può individuare liberamente all’interno di un contratto di diritto privato. Nell’atto pratico, ogni socio continua a pagare il proprio fornitore, ma allo stesso tempo riceve anche un importo per l’energia prodotta nella comunità, che di fatto equivale a una diminuzione della bolletta.
Quali sono i vantaggi delle comunità energetiche rinnovabili?
Sono diversi gli effetti positivi alla portata delle collettività locali e delle persone coinvolte. In particolare:
- Benefici ambientali. L’impiego di fonti rinnovabili invece di quelle fossili contribuisce a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra e ad attenuare i cambiamenti climatici.
- Benefici economici. Gli incentivi per l’energia condivisa sono cumulabili con altre agevolazioni, come ad esempio il bonus casa e il Superbonus 110%
- Benefici sociali. Vengono mitigate le disuguaglianze sociali e l’intera area della comunità può giovare di incentivi finanziari e profitti economici.
Ai principali impatti positivi determinati dalle comunità energetiche rinnovabili, se ne aggiunge uno molto importante: la possibilità di contribuire alla realizzazione della transizione energetica